CRITICA

 

Nella produzione pittorica di Gabriele buga buratti le condizioni dell’oggettivarsi pittorico esprimono i temi della donna-farfalla, o meglio dell’eterna giovinezza o, brutalmente, dell’inculatio virginia, gesti genetici che con l’ausilio del figurativo varcano la soglia della pura visibilità e affrontano concetti che riguardano la sfera del sociale. Se già gli interventi sul DNA ci renderanno uguali, la funzione dell’arte può forse aiutare a difendere l’identità dell’individuo?
Domande queste che divengono intenzioni cromatiche col pieno significante di esplicitare l’uniformità degli intenti e l’omogeneizzarsi della società rendendola inerte alle manipolazioni di qualsiasi tipo. “Buga” con le sue “veline” ci introduce in un mondo effimero ma allo stesso tempo pregno di riflessioni che investono la quotidianità in cui l’artista è chiamato ad operare.


Antonio d’Amico